Disordini di Baltimora, aprile-maggio 2015

IN BREVE

  • Cosa è successo
  • In seguito alla morte di un ragazzo afroamericano dopo che era stato arrestato dalla polizia, sono cominciate proteste pacifiche che, dopo qualche giorno, sono sfociate in violenze e saccheggi, tanto da costringere il sindaco a chiamare la Guardia Nazionale e ad imporre il coprifuoco.
  • Perché sono un evento di rilievo?
  • Negli ultimi anni l’opinione pubblica si è andata sensibilizzando riguardo agli episodi di violenza compiuti dalla polizia, soprattutto se con matrice razzista, basti pensare agli eventi di Ferguson nel 2014. Inoltre si è notato come la protesta abbia raggiunto l’attenzione mediatica unicamente dopo essere sfociata nella violenza, mentre le manifestazioni pacifiche erano state parzialmente ignorate.
  • Che conseguenze hanno già avuto e avranno?
  • Difficile stabilire le conseguenze a lungo termine, più facile vedere quelle dirette: indagini approfondite sul caso scatenante e riflessioni da parte di media e autorità non solo sull’uso della violenza da parte della polizia, ma anche sulle condizioni di vita di certi quartieri, spesso abitati da afroamericani, che negli ultimi anni hanno visto crescere disagio e povertà.

APPROFONDIMENTO

Il mattino del 12 aprile la polizia arresta Freddie Gray dopo che quest’ultimo, alla loro vista, aveva cercato di scappare. Viene caricato in un furgone per essere condotto alla centrale di polizia, ma quando arriva le sue condizioni sono critiche: ricoverato d’urgenza con tre vertebre rotte all’altezza della nuca, entra in coma.

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La polizia non rilascia altre dichiarazioni se non una ricostruzione dei fatti che, però, è tardiva (arriva solo il 16 aprile) e lascia enormi interrogativi. Il quartiere di Freddie Gray è estremamente scosso e programma una protesta per sabato 18.
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Sabato 18 la protesta ha luogo e vede centinaia di persone davanti al distretto di polizia riprendere i toni e gli slogan che avevano caratterizzato le proteste di Ferguson nel 2014. La mancanza di comunicazione da parte delle autorità, che si sono limitate a promettere indagini al riguardo e hanno confinato i poliziotti coinvolti a compiti puramente amministrativi in attesa dei risultati, esaspera il malcontento. La protesta è forte, ma pacifica.
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Domenica 19 Freddie Gray muore. Le proteste proseguono quotidianamente in modo generalmente pacifico, salvo poche eccezioni il 23 di aprile (link4), ma il numero dei manifestanti continua a crescere, così come la presenza della polizia.
Il 25 di aprile le proteste cominciano a salire di intensità, sfociando nella violenza contro veicoli della polizia e poliziotti. Il sindaco di Baltimora, Stephanie Rawlings-Blake rilascia una dichiarazione controversa in cui afferma che cercando di garantire il diritto di chi voleva protestare pacificamente si è lasciato spazio a chi voleva usare la violenza (link 5). La polizia nel corso della giornata compie numerosi arresti, tra cui alcuni che paiono quantomeno sommari, come quello di alcuni giornalisti che vengono accusati di condotta violenta e vengono colpiti dai poliziotti (link 6).
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Il 27 di aprile si tiene il funerale di Freddie Gray. La famiglia vuole proseguire le manifestazioni pacifiche, ma nei social media girano immagini e volantini che incitano alla rivolta violenta, di conseguenza la polizia decide di chiudere alcune zone di Baltimora e alcune fermate della metropolitana (link 8), ma la decisione di bloccare i mezzi di trasporto e di controllare ogni singolo gruppo di giovani in realtà esaspera la situazione, visto che moltissimi studenti all’uscita da scuola non riescono a tornare a casa e sono bloccati dalla polizia. Dopo mezz’ora di stallo, alcuni giovani cominciano a lanciare sassi contro la polizia, che risponde lanciando sassi a sua volta (link 9), incominciando un’escalation di violenza che porta al saccheggio del vicino centro commerciale.
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Di lunedì 27 è uno dei momenti simbolo dei disordini di Baltimora: una madre che, vedendo il figlio lanciare sassi alla polizia, lo riprende e lo costringe a tornare a casa ( link 11). Questo episodio è un esempio di tanti aspetti della vicenda: la madre lo porta via preoccupata più per la sua incolumità che per altro, intervistata dichiara che “non vuole che suo figlio diventi un Freddie Gray, ma stare lì a vandalizzare poliziotti non è giustizia”. La polizia commenta il video dichiarando che il giovane è uno di quegli studenti che, usciti da scuola, hanno pensato che fosse bello aggredire la polizia, sorvolando in modo palese sulle responsabilità della polizia stessa nel creare le condizioni per lo scontro. La sera di lunedì il sindaco Stephanie Rawlings-Blake solleva un vespaio dichiarando che gli scontri sono colpa di “teppisti che incitano alla violenza e vogliono distruggere la città”, utilizzando il termine “thug” che viene percepito da molti con connotazioni razziste (sempre link 11). Viene stabilito un coprifuoco, attivo dalla sera del 28 in modo da permettere di informare i residenti nei quartieri coinvolti.
Il 28 aprile la Guardia Nazionale viene dispiegata in modo da coadiuvare la polizia, ma l’immagine del giorno è quella dei tantissimi residenti che scendono in strada a pulire. Arrivano le dichiarazioni di Obama, che sottolinea il fatto che alcuni poliziotti non facciano la cosa giusta, ma anche che chi saccheggia non è un manifestante, ma un ladro. Il sindaco Rawlings-Blake corregge il tiro rispetto alle dichiarazioni del giorno precedente, invitando alla fine della violenza (link 12). I media riportano il fatto che, al contrario dei timori e delle accuse della polizia che temeva che le gang nere fomentassero la rivolta, queste, dopo aver stabilito una tregua (link 13), hanno cercato di proteggere le attività dei neri e in più occasioni hanno collaborato con la polizia dissuadendo alcuni violenti per evitare maggiori problemi alla comunità.
Giunta l’ora del coprifuoco centinaia di persone sono ancora nelle strade, mentre volontari li invitano a tornare a casa e cominciano ad esserci i primi arresti, ma dopo poco più di un’ora e mezza, alle 23:40, il questore di Baltimora Batts può affermare che il coprifuoco sta funzionando (link 12).
Nonostante alcune violazioni, il coprifuoco è effettivamente efficace. Continuano le marce e le proteste pacifiche, ma senza incidenti, tanto da spingere molti residenti a richiedere il ritiro del coprifuoco. Batts, dopo aver riconosciuto la fine delle violenze, richiede pazienza alla comunità in vista della grande marcia di sabato 2 maggio e del probabile arrivo di manifestanti da fuori città (link 14).
Nonostante la presenza massiccia alla manifestazione del 2 maggio, non si registrano nuove violenze, al punto da spingere il sindaco Rawlings-Blake a ritirare il coprifuoco già da domenica, con alcuni giorni di anticipo sul programma (link 15). La Guardia Nazionale lascia Baltimora lunedì 4.
Dal 23 aprile al 3 maggio si contano 113 poliziotti feriti e 486 manifestanti arrestati, molti dei quali rilasciati 48 ore dopo senza che venissero formalizzate accuse. In effetti si sono registrate molte incongruenze tra le dichiarazioni degli agenti e quelle di accusati e testimoni riguardo i singoli arresti.
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I poliziotti coinvolti nell’arresto di Freddie Gray sono stati formalmente accusati per diversi capi di imputazione, per alcuni omicidio di secondo grado. Il procuratore del Maryland Mosby ha dichiarato che l’arresto è stato “illegale e ingiustificato”, ma gli avvocati del sindacato della polizia sostengono che tutto si sia svolto secondo le regole.
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ANALISI

I temi che si possono sviluppare nell’analisi dei fatti di Baltimora sono numerosi. Innanzitutto ci sono diverse questioni riguardanti la polizia, sia per quel che riguarda la sommarietà degli arresti che per la gestione del problema.
Come accennato nel resoconto degli eventi, gli avvocati del sindacato di polizia sostengono la regolarità dell’arresto di Freddie Gray, arresto che il procuratore Mosby ha definito “illegale e ingiustificato” (link 17). E’ possibile che lo stesso arresto possa essere visto in modo diametralmente opposto? A Baltimora sì. Basta vedere l’intera gestione degli arresti durante la protesta: dei primi 201 arrestati, ben 101 sono stati rilasciati senza accuse (link 18) e dopo averne interrogati 82 è risultato che “la qualità di questi arresti fosse pessima” (link 19). Gli arresti sono stati superficiali: in più di un’occasione è stato sufficiente trovarsi nei paraggi per essere arrestati, anche in modo violento, come testimoniato direttamente da giornalisti e fotografi che si sono ritrovati in carcere (link 6). Si noti che si sta parlando unicamente di arrestati rilasciati senza capi d’accusa, al cui numero dovranno essere poi aggiunti tutti coloro che verranno giudicati non colpevoli. Vista la già citata qualità degli arresti, è lecito aspettarsi che il numero sia elevato.
Per quanto sia naturale mettere in dubbio la qualità del personale coinvolto, bisogna allargare il quadro per poter riconoscere l’esistenza di un vero e proprio modus operandi. La polizia di Baltimora negli ultimi anni è stata caratterizzata da elementi risultati chiave nella vicenda di Freddie Gray: propensione all’arresto e incuria nel valutare le condizioni degli arrestati. I registri mostrano che tra giugno 2012 e aprile 2015 gli ufficiali penitenziari di Baltimora hanno rifiutato l’ammissione a quasi 2600 detenuti perché infortunati o feriti. Se questi dati non possono essere usati per accusare la polizia di violenza (non è precisato se le ferite siano state procurate in custodia, durante l’arresto o precedentemente), sono comunque indicativi del fatto che i poliziotti non abbiano garantito le cure sanitarie previste dalla costituzione (link 20). Ancora più importanti sono i dati legati alla politica di arresto: nel 2004 oltre 100’000 persone (su una popolazione di poco superiore alle 600’000) sono state arrestate, di queste il 22% è stata rilasciata senza accuse (link 21). Questa politica di “tolleranza zero” ha un’origine precisa: l’ex sindaco di Baltimora e poi governatore Martin O’Malley. Eletto a fine 1999, ha voluto una politica di arresti “preventivi”: se bevi per strada vieni arrestato, se sporchi vieni arrestato. I risultati a breve termine sono stati eccezionali, con un crollo del tasso di criminalità del 48%, per quanto siano probabilmente da associare anche all’applicazione di nuovi sistemi informatici nella lotta al crimine, all’aumento dell’età media e ad altri fattori. I risultati a lungo termine sono sotto gli occhi di tutti, per quanto ci fossero stati già importanti segnali di allarme: nel 2013 uno studio del Vera Institute su una delle pratiche più usate nella tolleranza zero, lo “stop-and-frisk” (ferma e perquisisci), segnalò come solo 4 giovani su 10 avrebbero chiesto aiuto alla polizia se in difficoltà e addirittura 9 su 10 furono concordi con l’affermazione “nel mio quartiere la gente non si fida della polizia”. Addirittura alcuni membri della polizia hanno criticato il sistema, considerato una violazione dei diritti civili (link 22). Questa politica di arresto indiscriminato ha creato problemi anche perché per una sorta di buco legislativo gli arrestati venivano registrati anche in caso di rilascio senza accuse, cosa che per moltissime persone ha creato problemi, ad esempio nella ricerca di un lavoro. Questo problema è stato risolto con una legge mirata, ma indubbiamente ha contribuito a fomentare la sfiducia nei confronti della polizia, soprattutto in virtù delle cifre: dall’insediamento di O’Malley nel 1999 sono state oltre 250’000 le persone arrestate e rilasciate senza accuse (link 23). A questo si aggiungano le pesanti accuse di David Simon, che parla di una polizia basata sui numeri: più arresti e meno crimini registrati, anche tramite intimidazioni in modo da far brillare i numeri del sindaco e facilitarne la carriera (link 24), accuse che lo staff di O’Malley ha negato citando un articolo del Washington Post del 2006 che ridurrebbe le accuse a “bufale”. Il problema è che l’articolo in questione (link 25) non smonta affatto le accuse, si limita a sottolineare la reticenza a nuove interrogazioni citando le numerose indagini interne già svolte. Non solo, ha dimostrato che gli stupri avvenuti nel 2002 erano stati 211, ma ne erano stati registrati solo 178, il 15% in meno. Un caso non basta a sostenere le accuse, ma indubbiamente mina la difesa.
Se le accuse di Simon sono vere e ha fatto carriera chi ha ottenuto più arresti e non chi ha fatto il lavoro di indagine e prevenzione, non stupisce la superficialità con cui si sono affrontati gli scontri. Bloccare i servizi di trasporto pubblico in una zona dove c’è una scuola e schierare una grande quantità di poliziotti in assetto da sommossa che hanno impedito agli studenti di tornare a casa è l’equivalente di radunare tonnellate di casse di esplosivo in cantina e poi accendere candele per vedere se ci sono scatole rotte. L’apice del pressapochismo e dell’impreparazione è stato vedere poliziotti che, davanti a ragazzi che lanciavano sassi, hanno risposto lanciando sassi a loro volta. La poca percezione della realtà è stata evidente, però, sin dall’inizio: mandare un ragazzo all’ospedale e non rilasciare dichiarazioni, non cercare di andare incontro alle richieste dei manifestanti ha alimentato la tensione; accusare le gang nere di voler fomentare le violenze per aggredire la polizia significa non capire di essere percepiti come “nemico” non solo dalle gang, ma dalla popolazione stessa. Non a caso le gang si sono sostituite alla polizia nel cercare di proteggere i neri e sedare i disordini pacificamente (link 26).
Come sostenuto da Simon, il problema a Baltimora non è strettamente razziale, ma legato a una pessima gestione della polizia. A questo si aggiungano importanti elementi come la crisi, che ha messo in difficoltà molte famiglie delle fasce più deboli. Interessante, al riguardo, la mappa fatta dal New York Times il 24 aprile dove associa i luoghi dei primi scontri alla distribuzione del reddito e dell’aspettativa di vita (link 27).
Questa situazione di tensione, però, si va ad associare a un movimento più ampio, questo sì con profonde caratteristiche razziali, non è un caso se le manifestazioni da Baltimora hanno raggiunto oltre 20 città degli Stati Uniti (link 28) e se Obama parla di interazioni problematiche tra polizia e neri, che non si limita alla violenza, ma riguarda anche gli arresti: esemplare è il dato per cui, nonostante gli utilizzatori e gli spacciatori di droga siano più bianchi che neri, i neri arrestati per droga sono 3 volte i bianchi, mentre i neri che finiscono in prigione per reati legati alla droga sono 10 volte i bianchi (link 29). La “facilità di arresto” è stata alimentata anche da sentenze dai contorni indefiniti, come quella in cui la Corte Suprema ha stabilito la non validità del quarto emendamento contro la detenzione arbitraria nelle aree “ad alta criminalità”, senza poi specificare cosa definisca un’area ad alta criminalità (link 30).
Gli effetti di queste politiche sono devastanti a livello sociale su più piani. Il primo è quello diretto: molti degli arrestati sono genitori e studi dimostrano che per un figlio avere un genitore in carcere aumenta le probabilità di commettere atti di delinquenza giovanile in una misura tra il 300 e il 400%, e di avere disordini psichiatrici del 250% (fonte: “David & Goliath”, Malcolm Gladwell, p.245). Il piano indiretto è già stato citato: la sfiducia nei confronti della polizia. Quando la polizia viene avvertita come illegittima, diventano illegittimi anche il potere che essa rappresenta e le leggi che cerca di applicare.
Le recenti proteste di Ferguson, New York e Baltimora sono state recentemente descritte da Al Jazeera come una “Primavera Nera” (link 31), in cui le minoranze scendono in strada per far sentire la loro voce di fronte a un sistema che li penalizza su ogni fronte. La crisi ha colpito prevalentemente famiglie nere o ispaniche, che si sono ritrovate in terribili ristrettezze economiche (il 27,4% delle famiglie afroamericane vivono sotto la soglia di povertà). La contemporanea applicazione di metodi particolarmente duri da parte della polizia e un’applicazione spesso razzista della legge non hanno fatto che peggiorare la situazione.
Mentre FoxNews cerca di girare la frittata parlando di “professionisti della protesta”, i già citati avvertimenti di Obama fanno il paio con quelli dell’American Civil Liberties Union: “Se le forze di polizia in America continuano a militarizzarsi e a trattare le comunità di colore come il nemico, verrano viste sempre di più come un esercito di occupazione” (link 32).

NJZ

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